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“Come d’aria”: il caldo abbraccio di Ada d’Adamo a se stessa, a sua figlia e alla società

Ada. Daria. Diario. E’ un gioco di parole, leggero – come fatto “d’aria” – ma potrebbe essere l’essenza riassunta di una lunga “pagina di diario” scritta “in eredità” da una madre ad una figlia, ma per estenso, ancor più, ad altre mamme o, potremmo osar dire, ad un’intera società che oggi legge il romanzo Come d’aria di Ada d’Adamo.

Siamo tra le pagine del libro vincitore del “Premio Strega 2023”, che l’autrice – morta pochi giorni dopo aver saputo della candidatura tra i finalisti del prestigioso premio, a causa di un tumore – ha scritto ripercorrendo i tratti salienti di una vita divisa tra il prima della sua gravidanza e il dopo la nascita di sua figlia, gravemente disabile, Daria, senza alcuna consapevolezza di ciò che stesse per accadere.

Fino ad arrivare ad un’esistenza accomunata ancor di più dal finire dei suoi giorni e le trasformazioni del suo corpo che la portano all’ incorporazione con Daria.

Sono parole che intrecciano continuamente il passato ed il presente. Parole in cui il futuro è solo una chimera, per lei che ha scoperto la malattia, tanto quanto per sua figlia a cui la malattia invalidante sotto tantissimi punti di vista ha sempre reso un’incognita la reale aspettativa di vita. E’ la storia di una mancata diagnosi, una storia che mette insieme – in modo commovente – quello che accade quando in una famiglia entra una realtà così rivoluzionaria.

Spesso la malattia separa, allontana, distrugge. Qualche volta invece genera, allaccia, moltiplica l’amore.

Questo libro è l’equivalente di un caldo abbraccio a se stessa, alla “bellezza” – Desideravo la bellezza e l’ho avuta: ho avuto te. – di sua figlia e al mondo che difficilmente riesce a comprendere cosa accade nelle famiglie le cui esistenze ruotano attorno ad una disabilità. A quelle mamme che non possono dimenticare il dolore del parto, semplicemente perchè il dolore continua.

Si parla tanto di come si dimentichino le fatiche del parto di fronte alla gioia della nascita. Io il dolore lo ricordo, ma non era destino che mi fosse concessa la seconda parte della favola.

Ma non è un rimprovero, un mero tentativo di redarguire una divinità, un destino infausto o la società, è solo l’esercizio del diritto di raccontare ciò che si è vissuto, senza remore nè troppi filtri. Dirsi, mettersi per iscritto, forse anche un po’ confessarsi in quelle fragilità che – in prossimità del finale – si guardano con più indulgenza.

Quando ci fa male qualche parte del corpo, cerchiamo di evitare che qualcuno le si avvicini, e talvolta quello che facciamo con il corpo lo facciamo anche per la nostra anima: cerchiamo di non farci toccare.

Con questo libro Ada D’Adamo smette di non volersi far toccare e si dona. Con l’amore che ha caratterizzato la sua avventura di donna e di madre: perchè Sono Ada. Sarò d’aria…ma di Daria lo è sempre stata e sempre lo sarà.

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