In un tipico paesaggio siciliano, con una famiglia che rimanda a tinte verghiane, si snoda una storia potente tutt’altro che tutta al femminile: è Oliva Denaro (Einaudi, Stile libero, 2021), l’ultimo romanzo di Viola Ardone. Sono gli anni sessanta è Oliva, la protagonista, è una quindicenne cresciuta con la consapevolezza che “la fimmina è una brocca, chi la rompe se la piglia”, una litania che la mamma le ripete continuamente essendo ormai in procinto di avere le mestruazioni e prepararsi, dunque, a poter essere presa in sposa.
Lei, però, non è “favorevole” a tutte le rinunce che diventare donna le comporterà: non poter più correre a “scattafiato”, non poter giocare col suo migliore amico Saro, girare da sola per strada, né continuare a studiare. L’unica priorità diventerà trovare un buon partito a cui andare in sposa.
L’idea di subire questo divenire e non desiderarlo realemente appartiene da sempre ad Oliva, che nonostante tutto non si ribella alla ritualità sociale di quella realtà provinciale, che resta ancorata a dinamiche culturali via via superate nel resto del Paese, ma la goccia che “rompe la brocca” arriva con l’abuso che subisce proprio il giorno del suo sedicesimo compleanno da parte di un giovane di cui aveva pensato di essere infatuata. Una condizione emotiva che per molto tempo le fa chiedere se non fosse colpevole in prima persona di quanto fosse accaduto; uno “sfregio” a cui si poteva porre rimedio solo attraverso il matrimonio.
E’ qui che Oliva esce dalla penna dell’Ardone e si fa emblema: lei dice “no”.
.a“Dire di sì lo sa fare anche l’asino, il no invece costa fatica, ma quando inizi non la smetti più. E’ l’unica cosa che sono stato capace di insegnarti e da quel momento fu no per tutti”.
E’ qui che si fa grande l’altro personaggio nato dall’autrice: il silenzioso padre di Oliva, Salvo. Sì perchè se la storia racconta uno dei tanti “no” che hanno contribuito a costruire quel percorso culturale che nel 1981 ha visto abrogati gli articoli 544 e 587 del Codice Penale (“matrimonio riparatore” e “Delitto d’onore”), l’altro profilo potente di questa trama è quello tessuto dagli uomini che sono stati accanto a quelle donne che hanno detto di “no” – come Salvo, ma anche come Saro e come Cosimino. Uomini di pensiero, di riflessione e non di lupara che hanno compreso e sostenuto il diritto delle donne di affermare se stesse, le loro scelte, la loro libertà.
In nome di quel padre, in questo romanzo, c’è da commuoversi. In nome di quel padre e di tutti quelli che sostengono le apparentemente irricevibili scelte dei loro figli riuscendo a vedere – insieme a loro – più lontano di quanto la società e la cultura contigente, di ogni tempo, non imponga.
In nome di questa donna, Oliva, e di tutte le donne che nel loro piccolo compiono importanti rivoluzioni di scelte c’è da commuoversi ed inorgogliorsi: la donna può essere una e sola; le donne, insieme, possono fare la Storia.
In ogni caso, nascere donna non è una condanna.