I luoghi, come le persone, si imparano ad amare davvero col tempo e nel tempo. Capisco perfettamente questa dinamica che mi fa subito ripensare a quando ho vissuto fuori da Formia: è stato tornandoci, a intermezzi di mesi, che ho cominciato a rimanere senza fiato guardando la distesa di mare che accompagna la strada lungo la quale tornavo a casa.
E’ uno stupore che battezza la “formianità”, che si prova davanti ad una bellezza che riesce anche ad essere filtro degli scenari peggiori, che sollecita il perdono e fomenta la speranza.
In questo arcobaleno di sentimento mi pare di vedere anche quello di cui l’autrice Carmina Trillino ha intriso il suo ultimo lavoro “Formia, più bella del tempo in cui fermò”: una raccolta di fiabo-storie folcloriche, illustrate dall’artista pittorica formiana Palma Aceto.
Una combinazione di colori e parole che costruiscono una “passeggiata formiana” caratteristica, tipica, parlata in un dialetto che diventa una lettura coraggiosa e divertente per i non autoctoni (anche se c’è tanto di traduzione a margine!) e un omaggio accorato per chi di questa città ne porta il sangue.
Per un attimo ho pensato che anche la veste grafica di un fumetto sarebbe stata indicata: sarà per i disegni, sarà per i dialoghi fitti e i pensieri che scorrono, le tante macchiette che compaiono sembrano affacciate tutte sulla stessa “piazza” e alla fine mi è parsa tutta una grande storia. E chissà che l’intento non fosse prorio questo…
Quello della Trillino – in occasione dei 160 anni dal ritorno – con regio decreto 507 del 1862 – del nome Formia per indicare gli abitanti dei borghi di Mola e Castellone – è un libro che celebra le origini di tanti modi di dire, di fare, di festeggiare e curare i rapporti; che rivela le radici di forme, attitudini e – su tutto – la bellezza di un luogo a cui Madre Natura non ha davvero voluto far mancare nulla, se non a volte un po’ di amor proprio da parte di chi la vive.
E tie’raggión. Chi pe’ me e chi pe’ te. Ma se l’hann’ miss’ ancap’ che anziem’ simm’ ‘na putenz’?
– Giuànn’ seculaseculorum!-
-… et requiescat in pace –
In compenso c’è invece chi tenta di proteggerla e per farlo la stringe nella rete della cultura e la sogna anche candidata a “Capitale Europea della Cultura 2025”, come Carmina Trillino e tanti, probabilmente, di quelli che stanno sostenendo la campagna di raccolta fondi e che acquistano il suo libro con l’idea di finanziare l’illuminazione di diversi angoli cittadini di rilevanza storico-archeologica.
“Simm’ d’ Formia se, ti si leva la parola davanti a quel mare che ti abbraccia e ti fotte nello stesso tempo, se vai a fa’ gliù pascón’ ancopp’ agliu R’t’ntor’ o in campagna a Gianola, se passi per Via Vitruvio e la vedi più bella di Montecarlo” – dice la Trillino, secondo me, non scevra dalla cognizione che l’innamoramento è distraente, ingannevole, ma l’amore – invece – quello che ella stessa professa, è maturo, consapevole e oltre a far sentire “bene”, vuole “bene”.
Ecco perchè le fiabo-storie della Trillino meritano di non mancare nello scaffale di ogni buon formiano non tanto per una mirabolante narrazione quanto per la straordinaria autenticità e immagino che se si voglia costruire generazioni che imparino ad amare con lucidità questa terra, bisognerà pure accendere nei più piccoli una “luccicanza” di tal genere e con questo libro si può assolvere al compito.
Perchè “Simm’ d Formia”, sì, ma ce lo dobbiamo meritare! La Trillino ci dice da dove veniamo, ma siamo noi – di generazione in generazione – a decidere dove dobbiamo andare, che forma dare al nostro amore per questo incanto di città.
Ph. di copertina di Emy Mei