Chiunque potrebbe sussurarsi nella mente una frase spregiudicata, ipoteticamente formulata rivolgendosi a terzi, che reciti “Un uso qualunque di te!”. Magari con l’occhio arcigno di chi ha un conto aperto col proprio interlocutore più o meno immaginario. La situazione cambia e si complica ampiamente, quando la frase, invece, la ritrovi come titolo di un libro di Simona Rattaro, che non si rivolge a nessun’altro che a se stesso.
E’ quasi l’alba di un giorno di primavera e Viola, madre e moglie inquieta e distratta, riceve una telefonata che la sollecita a raggiungere velocemente l’ospedale. Sì, perchè Viola non è nel suo letto e quando si mette in marcia con la sua auto il percorso diventa il pretesto di una lunga conversazione con se stessa. Viola si racconta, sfoglia le pagine della sua vita, sbandando tra le gincane di menzogne, passione, tradimenti, amore e rimpianti. Lo fa cercando di raggiungere Luce, al cui cospetto sarà illuminata sulla risposta da donarsi.
Ho letto un viaggio intimo e catartico, una nuda e pura confessione al femminile, totalizzante, autentica al punto da risultare disarmante.
Una rivelazione che risponde ad un’altra domanda quella che un marito disperato le rivolge nel freddo corridoio di un ospedale: «come hai potuto farmi questo? Dimmelo Viola, come hai pouto?». Allora, in quel momento di distacco, quello in cui lo senti il cazzo di cuore che fa “crac” perchè si spacca in due trafitto dai chiodi della delusione e dei sensi di colpa, lasciando scappare il capo del filo invisibile, ma palpabile, ed ora impercettibile, se non nel dolore, della fiducia.
Comprendi quanto oltre possa andare il tradimento che non è grave nel suo essere carnale, non è sporco nelle carezze rubate o concesse ad un altro, è insopportabile nel suo essere disillusione e fallimento. Sì perchè chi subisce un tradimento si interroga su quando poco possa contare il proprio rispetto, la salvaguardia della propria anima per la persona che eppure si è scelto di lasciar sedere accanto. E chi ha tradito? Che si caverebbe gli occhi pur di non guardare quelli trafitti di rammarico della propria metà ( forse ex-metà!).
Sara Rattaro passa come in una stanza di specchi, dritta dritta nel corridoio lo attraversa, nel mezzo del tradimento esistenziale, in maniera semplice, spontanea, come se la sua Viola fosse stata condannata a vivere in quel modo, sull’orlo di una vita sempre in fibrillazione, che alla fine però le serve il conto.
E “Luce” sia, lei riesce a mettere a posto le cose anche per me.
Alla fine dell’andito della Rattaro c’è la risposta a quella pseudo-esclamazione, sì perchè per me, nonostante il segno ortografico, resta una domanda: Un uso qualunque di te! . A chiunque verrebbe naturale chiedersi: «quale?». Non sarò io a dirvelo, anche se lo stesso libro non ne fa un grande mistero, perchè per quanto lapidario, è un uso magico, stupendo, salvifico, facilmente immaginabile davanti ad una forma così totalizzante d’amore come quella che rapisce l’esistenza di Viola.
Il dolore è strano. Si manifesta all’improvviso e puoi solo aspettare che scompaia da sé. Non ci sono soluzioni né risposte. Bisogna fare un respiro profondo e aspettare. Però è vero che ti fa sentire vivo. Credo sia perchè fa così male da toglierti il fiato. Ma se metti di respirare vuol dire che sie ancora vivo, no?
Fa male, Viola…ma raccoglietela e aspettate Luce per capirla.