“Niente come gli scacchi è così vicino al Disegno di Dio: più ingannevole e provocatorio delle presunte certezze. Si arriva a un passo dall’assoluto e si ricomincia. L’umanità si tramuta in metafora: vivere è attendere come l’uomo davanti alla caverna, davanti al guardiano di Kafka”.
Assimilare un gioco a Dio, potrebbe sembrare disdicevole ai più integerrimi, ma il gioco degli scacchi, fatto di abilità, intelligenza e soprattutto grande pazienza, non apre ad una partita qualsiasi o, per meglio dire, ad un confronto – pur “giocoso” che possa essere – dal risultato ludico o prevedibile. Allora con Scacco a Dio ( Einaudi, 2011), frutto dell’abile mano del cantautore italiano Roberto Vecchioni, è iocum – scherzo – che benevolmente Dio ordisce a favore di Teliqalipukt al quale chiede di raccontargli gli uomini, spesso divorati da un demone, quel demone che li conduce fuori da quelle regole che conducono a quell’unica suprema bellezza che è il fine, e la fine.
“Devi raccontarmeli come sai devi parlarmi di questo demone che li divora e spiegarmelo, per farmi uscire da sta’ crisi, e in fretta, perchè se mi va in pappa la mente, qui sbaracchiamo tutti”.
Con toni anche estremamente ilari, la logica del paradosso, il ragionamento per assurdo, porta Dio e Teliq ad un “scontro” serrato: Teliq racconta tante storie accomunate da personaggi protagonisti speciali che – sfidando Dio – provano ad inventarsi un destino diverso da quello che sembrava già scritto. Lo fanno Oscar Wilde, JFK, Federico II, Shakspear, Catullo, Eduardo Nicolardi ed altri; tutti provano a fare scacco a Dio, senza riuscirsi?
Si apre, nella leggerezza di due amici attorno al tavolo di una cucina, una profondità di riflessione idilliaca che parte tutta da quel libero arbitrio di cui gli uomini godono convinti o meno che sia per concessione del Dio in cui credono. Un libero arbitrio che contrasta con l’esistenza di Dio? Un libero arbitrio che spinge l’uomo ad interrogarsi? O – piuttosto – a non credere proprio? Così indagando nelle sensazioni e nelle percezioni dell’animo umano – Dio, com’è difficile capire Dio! – come due vecchi amici arrivano alla fine di diverso tempo trascorso insieme e solo alla fine è Dio a raccontare una storia a Teliq, quella di Varenne.
Perchè Dio dovrebbe scegliere proprio un cavallo per protagonista? Perchè Dio decide di raccontare quell’ultima storia? Presto detto.
“Può un cavalo essere felice? Può. A voi uomini sembra impossibile, perchè non potete leggerci dentro. Ma noi non abbiamo ieri e domani, noi abbiamo solo il momento che resta e non passa, quel che è stato non conta, quel che sarà non c’è: ogni frammento, ogni giorno fa parte a sé: ogni giorno di gioia è come eterno ed è quello il nostro segreto. A voi uomini sembra impossibile, perchè non conosce la felicità”.
Scorrere le pagine di questo libro, oltre a concedere diversi sorrisi di consapevolezza ed altri di amarezza, concede l’opportunità – come sempre fanno i libri – di riflettere, questa volta chiaramente su tutta ciò che contempla l’universo della fede e della religiosità, dove chi si interroga non necessariamente è colui che non crede, anzi, forse è colui che si avvicina a sviluppare una dimensione di spiritualità personale.
Io quando ho finito di leggerlo mi sono detta che infondo è tutto possibile: tutti gli uomini protendono alla felicità, tutti gli uomini per farlo potrebbero avere o meno bisogno di Dio e delle sue risposte, tutti gestiscono un libero arbitrio che possono o meno condividere con Dio. C’è una solo una cosa che non reputo possibile ed è proprio fare Scacco a Dio: qualora nella nostra concezione esistesse, allora sarebbe l’incommensurabile ciò da cui tutto inizia e tutto finisce, come ci insegna la Mistica di Dio, e qualora nella nostra concezione per Dio non ci fosse spazio, allora non ci sarebbe motivo di sedersi a giocare a scacchi con lui.