“Tre uomini, tre stati d’animo diversi” si legge in uno dei racconti del libro “Questioni di testa” di Giulio Natali (Edizioni La Gru, 2020), ma in realtà di uomini, donne ce ne sono di gran lunga di più a costellare una serie di narrazioni dall’epilogo aperto e dai risvolti drammatici.
“Questioni di testa” tende a tenersi lontano dalle convenzioni letterarie è indossa la veste di una raccolta di “storie spezzate” di vite altrettanto “spezzate”: è come se ogni epilogo corrispondesse ad un preciso punto di rottura nell’esistenza del o dei protagonisti e, di conseguenza, della loro storia stessa.
Finali che diventano quasi più essenziali degli stessi fatti narrati, delle stesse dinamiche che li accompagnano: così terribilmente legati alla realtà. Non sono “lieti” e non vogliono esserlo: sono solo crudelmente reali rispetto alla vita dei personaggi, che dopo le tipiche tribolazioni di una vicenda, non subiscono crescite, né interventi salvifici di alcun “deus ex machina”, rimangono condannati a ciò che sono. Uomini. Donne. Con le loro debolezze e le loro vite, né ideali, né auspicabili e – probabilmente – neanche sempre biasimabili: semplicemente loro.
“Poi mi sono stufato. Non mi avete interessato più. Siete così banali e scontati che impaurirvi, indignarvi, eccitarvi a comando, come fanno quelli che come me lavorano per altri poteri, dopo un po’ annoia. Mangiafuoco non ne poteva più di vedere i burattini muoversi come pesci rossi in una boccia d’acqua e doveva mettere fine alla loro agonia”.
Ecco, Natali mette fine all’ “agonia” dei suoi personaggi e il suo libro si fa interessante proprio per questo aspetto narrativo indagatore che colpisce sin dal primo breve racconto. Sì perchè altra peculiarità è proprio questa: le narrazioni non rispettano alcuno standard, nessun preciso divenire. Sono tutte storie di lunghezze diverse a ricordarci che anche in un attimo è racchiuna una storia. Drammi di pochi attimi. Secondi che cambiano la vita profondamente. Un po’ come quelle “brevi storie tristi” – così asserisce l’incipit dei post della serie – che spopola sui social network e che, infondo, non sono così distanti da una corrispondenza con le dinamiche della realtà.
Così si può dire che Natali col suo “Questioni di testa” mette in scena l’umanità: i suoi eccessi, le sue debolezze, le mille scene che i suoi componenti portato sul “palcoscenico”; non sarà un caso se in uno dei suoi racconti il nome del locale nel quale si ritrovano i protagonisti sia proprio “Bar del Teatro”.
Lunghezze diverse, storie diverse con l’umanità e le sue “teste” – tutte comprensibilmente eterogenee – sono l’innesco ma anche il fine ultimo del lavoro di Natali – che nella forma, malgrado la mancanza di segni grafici di tale foggia, sembra avvicinarsi quasi ad uno stile vagamente futurista (senza regole, né misure, come ciò che è oggetto della narrazione stessa).
D’altro canto la chiave del libro è svelata dal suo stesso autore: “Tutto quello che hai intorno ti racconta. Io ti guardo. E ti oriento pure” e – varrebbe la pena aggiungere – non ti giudico, né punto il dito.