Delio Fantasia è l’autore di “Oltre i cancelli” ( AliRibelli Edizioni, 2018), ma prima ancora è da trent’anni operaio metalmeccanico generico di produzione dello stabilimento Fiat di Cassino. In questi anni di testimonianza diretta di una realtà di cui è ancora parte integrante ha raccolto tutte le vicende che racconta nelle pagine di questo libro, legate in particolare alla sua esperienza di attività sindacale. In questo testo si legge il tentativo di ribaltare la dialettica servo-padrone e, forse, gli studi sociologici e filosofici intrapresi da Fantasia, confortano questa visione.
Si da il caso, infatti, che raccontando aneddoti della dimensione sindacale l’autore non solo abbia deciso di rivendicare una ribalta, ma anche di mettere in luce episodi in cui un ribaltamento nelle dialettiche di forza avrebbe potuto esserci e non c’è stato. A questo punto il volume, è chiaramente legato ad una sfumatura personale, che fa di “Oltre i cancelli”, una sorta di diario-confessione di successi operai, di sconfitte operaie, e di continua rivendicazione di una prospettiva a misura d’uomo che all’interno della fabbrica Fantasia racconta di aver sempre ricercato e, in qualche modo, difeso.
Sono pagine di una “storia contemporanea” sua e di una realtà produttiva vista con i suoi occhi, che urlano tanta nostalgia per ciò che è stato, non è stato e, probabilmente, almeno così si lascia intendere, mai sarà. Fantasia ripercorre il suo coraggio e lo fa con la malinconia di chi pensa ai Capodanni trascorsi fuori i cancelli dello stabilimento per presentare nei primi istanti del nuovo anno il calendario delle date delle assemblee sindacali previste. Racconta episodi emblema di forza, coraggio e anche un po’ di sana battaglia che, nel tempo, lo hanno accompagnato alla soglia del pensionamento, per cui tutto sommato non mancano ancora molti anni.
Si ha l’impressione di uno sguardo a ieri, con la consapevolezza di oggi che, nonostante l’ironia sferzante, la simpatia che a tratti l’uso del linguaggio parlato con tutte le parolacce che potenzialmente contiene per colorire i discorsi suscita, in realtà veste di colore, una storia triste e, ribadisco, fortemente nostalgica. Un’aurea questa che neanche l’estroso spropositato ego dello scrittore, che fomenta il ritmo divertente della narrazione, riesce a smorzare.
“Una volta, tipo trenta, venti o anche dieci anni fa, se avevi un problema sul posto di lavoro o con il caposquadra, era sufficiente minacciare di chiamare il sindacalista per vedere soddisfatte le tue richieste. Oggi, se minacci di chiamare il sindacalista, il caposquadra scoppia a ridere, e anzi è lui stesso a chiamarlo. A dirla tutta, oggi il sindacalista svolge la funzione di impiegato-collaboratore del caposquadra, un dipendente aggiunto, uno che ‘spiccia’ gli affari della catena di montaggio e persuade i lavoratori più riottosi”.