Stellamia è l’amorevole dicitura per un punto di riferimento fondametale. Nei lontani anni Novanta fu l’incipit con cui Diego – tra gli amici più cari di Luca, prematuramente scomparso – lasciò dei messaggi registrati sul mangianastri al suo compagno d’avventure adolescenziali; nel recente 2017 era il cognome provvisorio associato alla piccola Alba in attesa di affidamento.
Il 14 giungo del 2018, finalmente la sentenza del Tribunale dei Minori di Napoli: Alba è la figlia di Luca e prenderà il cognome Trapanese. Pur restando, senza ombra di dubbio, la Stellasua.
“[…]stai in guardia, perchè quella lì, mia figlia, è nata per cambiare la vita di tutti quelli che le si avvicinano, presto o tardi lo farà anche con te”.
Nata per te (Einaudi, 2018), scritto a quattro mani da Luca Mercadante e Luca Trapanese, ripercorre la storia dell’adozione di una bimba di appena un mese con la sindrome di Down – Alba – da parte di un padre single, gay e impegnato professionalmente con la disabilità – Luca.
Lo fa da una prospettiva originale e particolarmente interessante – il desiderio di paternità: esiste? Quando scatta? E’ indotto dai compagni di vita che si hanno accanto? Come si sostanzia?
Così proprio come già suggerisce anche il sottotitolo – Storia di Alba raccontata fra noi – quella dei due Luca si fa una “conversazione” nella quale la storia di paternità di Trapanese si intreccia con quella di Mercadante, che ha da poco avuto il suo primogenito, Andrea.
Il cinismo del suo sguardo lo pone di fronte ai concetti di “libertà”, “scelta” e “genitorialità” con quella dose di disincanto che non guasta per porsi le domande giuste, anche se non necessariamente a trovare tutte le risposte. In fondo, però, l’idea è quella di raccontare e riflettere senza dar vita necessariemente ad un’esperienza olistica, come quella del corso di scrittura durante il quale Mercadante – che lo ha poi abbandonato – ha conosciuto, per la prima volta, la sua compagna Francesca e proprio Luca. Gli parve un dobermann.
Mercadante sostanzia e dà forma a tutte le curiosità e le riflessioni – anche quelle più stridenti – nei riguardi di Luca Trapanese, il suo desiderio di farsi chiamare papà, la monogenitorialità, il suo cammino verso Alba.
Naturalmente ciò che risulta un po’ più complesso – nel confronto tra le due voci narranti del libro – è il passaggio sulla disabilità. La paura che suscita, la considerazione dell’imperfezione prima ancora che della più chiara diversità, o ancora il presupposto di Trapanese: “ma la trisomia è un modo d’essere, non una malattia”.
La vera differenza tra Andrea e Alba non sarà il diverso quoziente intellettivo, ma che la maggioranza delle strade sono fatte per la bicicletta di tuo figlio. Alba non è vittima delle sua disabilità, ma della nostra apartheid.
Un punto di vista che la dice lunga su una società che è pronta a mettere in discussione il suo linguaggio di oggi per condizionare positiviamente la cultura di domani, ma che spesso lo fa sul moto di una dinamica ipocrita, o se non altro insufficiente a garantire una vera “rivoluzione” se non di facciata.
Sono stato un ingenuo a credere di essere padre solo perchè ho tagliato un cordone ombelicale; Trapanese non lo sarà grazie a un pezzo di carta. Lo sarò, forse e a mia insaputa, quando fra molti anni Andrea si guarderà indietro e riconoscerà le decine di figure che lo avranno accompagnato nel diventare sé stesso accettandolo per quello che è. Diverrò padre se scorgerà tra gli altri anche il mio volto, per puro caso così simile al suo. Lo diventerà Luca quando a voltarsi sarà Alba: un gesto che quel cromosoma in più non riuscirà a impedirle di compiere.