“Chi mette muri, chi limita la solidarietà ai suoi, chi mette gli uni contro gli altri per controllare entrambi, chi limita le libertà civili, chi nega il diritto alla migrazione con l’arma della legge e l’alibi della responsabilità, questi sono i fascisti oggi”.
Se leggessimo il libro Istruzioni per diventare fascista ( Giulio Einaudi Editore, 2018) esulandolo dal contesto e dall’appendice – “A scanso di equivoci” – a firma della medesima autrice, Michela Murgia, parleremmo facilmente dell’intuizione del paradosso come narrazione di una realtà esasperata e messa a dura prova dal punto di vista culturale, prima ancora che sociale e, dunque, politico. Di fronte alla riflessione per cui Non tutto è fascismo, ma il fascismo ha la fantastica capacità, se non vigiliamo costantemente, di contaminare tutto, bisogna però soffermarsi sul concetto di paradosso, dovendo di conseguenza eccepire che la contraddizione con l’esperienza comune o con la logica sia in effetti solo “apparente” e che un’analisi critica sia in grado di svelare, piuttosto, una cocente validità.
Così la Murgia – tra il serio ed il faceto – individua e sviluppa una sorta di “elenco” di sette dettami e/o atteggiamenti per descrivere il “fascista” perfetto, consapevole o inconsapevole che sia, poiché infatti in politica metodo e contenuto coincidono, il metodo fascista ha il potere della trasmutazione alchemica: se applicato senza preclusione ideologica trasforma in fascista chiunque lo faccia proprio, perchè – come dirette Forrest Gump – fascista è chi il fascista fa.
Dopo una necessaria premessa di metodo, l’autrice ripercorre come una ricetta, tutti gli ingredienti di cui è farcito chiunque approcci ad avere un atteggiamento intransigente e deleterio; ne descrive le “armi” messe a disposizione dalle stessa democrazia, imputando ad essa stessa la possibilità del suo affermarsi e finalmente prevalere. Nelle anse del sistema “perfettibile” della democrazia si annidano gli strumenti di cui ogni fascista farà alibi e – sempre secondo la Murgia – è nel linguaggio, nella libertà di esprimersi, che si annidano i rischi più grandi, perchè le parole generano comportamenti e chi controlla le parole controlla i comportamenti.
Questo, nelle pagine, diventa l’innesco di tutte le dinamiche: la sostituzione del “capo” al “leader”; la sintesi – magari raffazzonata – al posto della complessa “semplificazione” che consentirebbe la riscoperta dell’essenza; passare dal considerare gli “avversari” dei veri e propri “nemici”, dal quale ovunque e comunque “proteggere” chi si sente abbandonato, trascurato. Anche far posto alla “violenza” – in queste logiche comportamentali descritte – diventa legittimo, quasi doveroso pur di “proteggere” ad ogni costo, come lo stigma del “miglior padre di famiglia”, d’altro canto la “famiglia” può essere anche un intero popolo, di cui ci si erge a “voce” e verso il quale si sviluppa un’empatia forzata che comporta il non dimenticare nessuno (che equivale a non considerare davvero tutti!).
Insomma le “debolezze democratiche” diventano – in questo percorso letterario – i punti di forza di un atteggiamento fascista, pronto pure a sostituire alla “memoria”, il “ricordo”, perché quest’ultimo muore insieme ai suoi custodi e la storia “la scrivono i vincitori”, quindi, solo così si sottraggono muri portanti ad una struttura considerata viziata o quanto meno partigiana.
Fedele al suo umile scopo didattico, il libro presenta in coda un piccolo test per misurare il grado di apprendimento raggiunto e valutare i progressi nell’adesione al fascismo. Ecco che le pagine finali di Istruzioni per diventare fascista compare il fascistometro per “giocare” con i lettori a misurare la presenza insidiosa di una mentalità costituzionalmente vietata e storicamente censurata, benchè mai gettata nell’oblio affinchè non si ripeta. Ci si potrebbe riscoprire – a fare questo “test” – un Aspirante, un Neofita o Proto Fascista, un Iniziato o «Non sono fascista ma…», un Militante Consapevole, o per concludere un Patriota.
Se non fosse abusato il termine provocazione, piuttosto che il termine intellettuale, è proprio così che definirei questo breve brillante lavoro: una provocazione intellettuale. Una riflessione in grado di suggerire, a chi non l’avesse ancora compreso, che il “fascismo” è – prima d’altro – una mentalità, un atteggiamento prevaricatore e limitante nei confronti dell’altro che può, quasi spontaneamente, spuntare in natura.
Non tutto è fascismo, ma il fascismo ha la fantastica capacità, se non vigiliamo costantemente, di contaminare tutto.