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“Musagete”, lo strepitoso poemetto erotico di Roberto Costantini

Musagete (Genesi Editrice, 2021) di Roberto Costantini, una raccolta di cinquantadue stanze di versi e corsivi, è un vero e proprio viaggio racchiuso in parte nella sua titolazione.

L’epiteteo dedicato al dio Apollo, “Musagete” vale a dire “Guida delle muse” introduce un viaggio pittorico, sapientemente realizzato da Marco Trisorio, parallelo a quello poetico ed è custodito nel loro insieme l’alveo letterario di Costantini fatto della “vittoria di chi ha capito che della vita non si chiede il prezzo – spiega bene in premessa la scrittrice e blogger Giada Messina Cuti – giacchè non è possibile misurarne, nonostante tutto, l’immenso valore”.

Si avverte forte, dunque, lungo i versi, la consapevolezza del retrogusto che accompagna le pieghe esistenziali più gioiose; la gamma di sentimenti anche oscuri che tale presa d’atto comporta e l’inarrestabile libertà, nonostante tutto, di affermare: “siano benedetti tutti gli anni che mi porto addosso”.

Una cifra stilistica così intensa che è valso a questo poemetto il primo premio assoluto della sezione poesia inedita del premio “I Murazzi” di Torino 2020. D’altro canto la giuria ha evidenziato proprio il “ringaggio mitologio, con ricorso al dio Apollo, alla ninfa Castalia, alla cortigiana Taide” che rende sicuramente particolarmente affascianante un percorso poetico che si sviluppa nella forma e nel concetto grazie anche all’evoluzione dei ritratti pittorici che l’accompagnano. Illustrazioni che se colgono in prima battuta una visione d’insieme vanno via via a stringere sul particolare consegnando uno scenario da rosso di esplosione a grigio di solitudine.

Tinte così intense che sembrano ricordare un altro scenario mitologico che appare calzante con l’andatura nuda ed esistenziale dei versi di Costantini, quello legato all’ azzardo di Icaro di avvicinarsi al sole Febo che pur valse la pena,

Antonia De Francesco con “Musagete”

Il punto pare questo: indagare con realistica fedeltà il dolore che si annida nei risvolti dell’esperienza umana che è ciò che di unico riempe la vita che non si limiti alla sopravvivenza in attesa di un epilogo inevitabile. Dunque, la poesia consapevole, tribolata benchè scevra da qualsiasi commiserazione avvilente di Costantini sembra ricordarci che – al netto di un “bilancio finale” che galleggia nell’incognito assoluto – bisogna, spinti da bisogni emotivi, curiosità o qualunque altra forza propulsiva, cedere e agire.

E’ un uomo “condannato” all’azione, alla scelta che non saprà mai quanto ne sia valsa la pena, ma andrà avanti nonostante tutto. Semplicemente perchè è così. Perchè l’esperienza appunta delle regole che siamo pronti a sovvertire e insegnamenti che siamo disposti a sospendere, come i giudizi. Salvo poi tormentarci. Salvo poi ricominciare. Non è una sequela di errori quella che Costantini attraversa con la sua peosia, piuttosto – ripeto – una presa d’atto: l’uomo, nonostante il dolore, è irrimediabilmente costretto a vivere. Come sa. Come può.

Io amo le stanze vissute

nelle promesse tue maldestre

quando non sapevi entrarmi dentro

perchè quello è il dono di pochi,

è l’etere dei vocalizzi supremi,

è il mio addio, che non so pronunciare,

mai, perchè è così che ti impigli,

in quel raro tessuto di rogna .

Infondo qua e là c’è Apollo e le “sue” bellezze, la musica, l’arte, la poesia, erede materno – figlio della dea Leto – della capacità di sollevare il cuore degli uomini dal dolore; e come se si potesse intravedere un’ispirazione alla contrapposizione teorizzata da Nietzsche e allora la poesia di Costantini è quella liberazione estetica dal dolore della “tragedia” esistenziale sugellata dall’azione combinata dell’elemento apollineo e quello dionisiaco.

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