“Le donne non si rendono conto di quanto gli uomini fanno asssegnamento sulla regolarità delle loro abitudini. Noi assorbiamo nei nostri corpi i loro andirivieni nelle nostre ossa i loro ritmi. Il nostro polso è regolato sul loro, e come sempre in un pomeriggio festivo si attendeva che mia madre cominciasse a scandire i mintui che ci separavano dalla sera. E così, come potete capire, la sua assenza fermò il tempo”. Come un obiettivo che pian piano zoomma la vicenda si apre il sipario sulla storia di Louise Erdrich dal titolo “La casa tonda” – Universale Economica Feltrinelli Edizione (2013).
1988- La comunità di una riserva indiana nel North Dakota è scossa da un crimine di un’efferatezza inedita per quei luoghi. La moglie del giudice Coutts, Geraldine, subisce un aggressione: sfigurata dai lividi, sanguinante, viva per miracolo, qualcuno ha abusato di lei e, prima di scappare, ha tentato di darle fuoco cospargendola di benzina. Joe ha tredici anni e tre amici – Angus, Cappy e Zack – con i quali condivide le sue giornale tra corse i bici, le puntante di “Star Treck”, le lattine di birra e qualche tiro di sigaretta. Joe è il figlio di Geraldine e, dopo la tragedia di quella sera che vide la mamma piombare in un silenzio tombale chiusa nella sua stanza, divenne anche il principale ricercatore di un sentimento a metà tra la giustizia e la vendetta.
D’altro canto, a Joe e suo padre non resta che chiarire i fatti in base a congetture che li portano a spasso nel tempo e nello spazio della storia di quella comunità di cui sono una delle espressioni più veraci. Mentre danno il via alle loro indagini partendo dall’unico dato certo, ovvero che il crimine è successo nei dintorni della “Casa tonda”, luogo sacro in tempi in cui gli indiani d’America era vietato celebrare cerimonie religiose, ed allora lo facevano in clandestinità, affondano lo sguardo nelle storie giudiziarie e non dei membri delle comunità.
Un grande romanzo di misteri e analisi sociali. Un giallo, in cui l’autrice vuole in realtà portare avanti anche una manovra di denuncia sociale. “I fatti narrati in questo libro sono basati liberamente su così tanti casi, relazioni e storie che il risultato è pura fantasia”. Questo libro va chiaramente oltre la sua datazione. “Il garbuglio di leggi che ostacolano l’esercizio dell’azione penale nei casi di stupro in molte riserve esiste ancora […] una donna indiana su tre sarà violentata nel corso della sua vita ( e questa cifra è sicuramente più alta perchè speso le donne indiane non denunciano gli stupri); l’ 86% per cento degli stupri e delle violenze sessuali su donn e indiane sono perpetrati da non indiani; pochi di essi vengono perseguiti a termini di legge”.
E se dietro l’acchiappasogni in copertina si intravede un sole all’alba è perchè questo giallo nasconde più di una storia; cela soprattutto una speranza, quella di raggiungere una condizione di giustizia per queste donne. E’ l’idea che dopo un fitto bosco pieno di nebbia, come quello raffigurato sempre in copertina, possa essere attraversato, superato definitivamente prima o poi. La prospettiva è quella di veder superato il bivio in cui s’incontrano il senso di giustizia e la profondità della legge.
La Erdriche racconta gli indiani d’oggi senza retorica, discostandosi dai luoghi comuni, con un linguaggio che vuole arrivare alla comunità internazionale parlando del “femminicidio indiano” e soprattutto dai loro impuniti per una serie di leggi federali, che fanno sì che spesso non vengano puniti.
Poi c’è il meraviglioso e poetico spazio della magia e dello spiritsmo che contribuiscono a fare del testo, un’interessantissima lettura.