“Ci sono momenti nella vita in cui uno vorrebbe scendere momentaneamente da se stesso. Ma solo per un breve periodo. Una sospensione. Giusto per capire le proprie intenzioni e quelle del resto del mondo. Per comprendere quanti punti in comune ci possano essere. Ecco, era uno dei quei momenti”.
Il capolavoro di commedia intelligente e trascinante, … che Dio perdona tutti (Universale Economica Feltrineli, 2020) firmata da Pif, Pierfrancesco Diliberto, squarcia “uno di quei momenti” e lo racconta con la rara virtuosa leggerezza che gli appartiene, utilizzando il rapporto con la fede e con Dio del suo protagonista come specchio dell’ipocrisia della società contemporanea e sfiorando anche quella comicità figlia dei capovolgimenti e delle assurdità che la caratterizzano.
Al fischio iniziale per Arturo, trentacinquenne agente immobiliare siciliano, ci sono due passioni: i dolci tipici alla ricotta, in particolare i mitici sciù palermitani, ed il calcio, più come tifoso che portiere del calcetto con gli amici. “Il mio primo serio, intenso e vero colloquio con Dio avvenne quando ero ancora bambino, il 5 luglio 1982. Al 43° minuto del secondo tempo della partita Italia-Brasile dei Mondiali di calcio in Spagna. Al Brasile bastava anche un pareggio per andare in semifinale, l’Italia doveva vincere”.
Ad un certo punto scende in campo la donna dei suoi sogni, Flora: figlia di pasticcieri, altrettanto appassionata di dolci, bella, intraprendente e molto cattolica. Flora s’innamora di Arturo proprio mentre interpreta Gesù nella Via Crucis. Arturo la immagina già come la sua “futura moglie” e la relazione, che li porta a convivere, tocca momenti idilliaci tra la messa pomeridiana domenicale e i loro notturni “Bond James Bond”.
Al centro della vicenda, dunque, un uomo per il quale il concetto di divinità si associa a tutto ciò che c’è oltre la vetrina di una pasticceria e quello di fede è declinato, in maniera quasi esclusiva, in quello calcistico; ma è l’indifferenza religiosa a giocargli un brutto scherzo. Quando Flora ne prende atto, infatti, il rapporto tra i due si complica. Arturo non è uomo da “tanatosi” e così, per sfinimento e provocazione, prende a seguire alla lettera la parola di Dio, per tre settimane.
Ed qui che cadono i veli di una fede ad uso e consumo, precetti letti all’occorrenza, prossimi che non sono così prossimi e contraddizioni continue con una spiritualità ostentata completamente diversa rispetto alla realtà vissuta, incredibilmente incarnata anche dai medesimi rappresentanti della Chiesa. Arturo con la sua fermezza dimostra, più o meno volontariamente, l’incoerenza di chi pur si professa “credente”, fino a metterli terribilmente in imbarazzo ed essere accusato di fanatismo, di “ricatto morale, per far sentire tutti in colpa”. Anche Flora.
“[…] Ero riuscito a mettere alla prova tutte le persone con cui avevo avuto a che fare, in tre settimane, con il risultato che tutto il mio mondo stava crollando”.
Perché tutto questo? La verità gliela rivela un anziano in fine di vita dedito a festini sessuali spinti su un terrazzo abusivo difronte all’ “Indomabile”.
“[…]la fede ti porta ad avere una vita retta, in piena conformità alle regole, rispettosa del prossimo. Ma guardi un attimo questo paese che si dichiara cattolico. Mi sembra acclarato che non sia così. Se fosse vero, saremmo un paese civile. Perchè il pensiero fondamentale che accompagna le azioni degli italiani è : futti, futti, che Dio perdona tutti! C’è sempre la misericordia di un Dio misericordioso che ci salverà. Se la vivi così, la fede, è molto facile essere cristiani. Abbiamo preso tutto quello che ci interessa, la parte più facile, e abbiamo lasciato quella più impegnativa. Tanto il prete ci perdonerà”.
Un estro travolgente quello di Pif che ti catapulta in una riflessione colossale usando la forza del sorriso.