Prede per purosange: una storia nella storia; mettigli in sella una popolarissima scrittrice Vida Winter, una biografa Margaret Lea e due gemelle: Emmeline e Adeline March. Lascia che cavalchi nello stretto sentiero tra la menzogna figlia della sfrenata fantasia e la verità turbata dal dolore e lasciati condurre nell’accattivante romanzo d’esordio La tredicesima storia della scrittrice inglese Diane Setterfield ( Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2007).
Una vicenda appassionante che si dipana in una lotta contro i propri fantasmi su doppio binario, in una metafora a specchio che prosegue tra la protagonista, l’anziana, malata e famosissima Winter, ed una sorta di suo alterego, la giovanissima, inesperta, ma perspicace e testarda biografa Margaret. Entrambe cresciute tra i libri, in quanto autrice l’una e libraia antiquaria l’altra cresciuta con il padre tra pagine immortali e volumi sepolti dall’oblio. Quest’ultima è una forte appassionata di biografie in cui di tanto in tanto si cimenta pure, fin quanto non le giunge una lettera enigmatica ed autorevole, tanto da non poter fare a meno di rispondere all’invinto contente: “L’ora è giunta. Venga lunedì con il treno della quattro e mezzo. Manderò una macchina a prenderla alla stazione di Harrogate. Vida Winter”.
Da qui la Setterfield mette a nudo il concetto di “segreto”, come un prisma ne osserva tutti i lati e lo disegna come l’elemento più irruento ed infausto che possa entrare a far parte delle esistenze di ogni essere umano. Intanto, però, apre il sipario sull’amicizia che nasce, cresce e si consolida tre le due donne, che diventano quasi complici nel dipanare i loro, seppur lontanissimi nel tempo, tragici tormenti aiutandosi con la magica finzione del narrare e scoprendo via via, nonostate tutto, quella verità a cui non sempre si può giungere da soli.
D’altro canto le nostre vite sono sempre il tassello di un quadro più grande. “Una nascita non è propriamente un inizio. La nostra vita al principio non è propriamente nostra, è solo la continuazione della storia di qualcun altro. Prenda me, per esempio. A guardarmi ora, penserà che la mia nascita sia stata una cosa speciale accompagnata da chissà quali strani presagi e assistita da streghe e fatine buone. E invece no. Nemmeno per idea. Anzi, quando sono nata ero poco più di un intreccio secondario”.
L’interpretazione della vita che la Setterfield concepisce ne La Tredicesima storia diventa quella di un piacevole racconto, che di persona in persona, generazione in gerazione, tra lutti e follia, non si spezza, non trova un segno di interpunzione definitivo. E’ come se cambiasse solo voce, passando di bocca in bocca, di figlia in figlia. Come rami di uno stesso albero che si propagano, crescendo, in direzioni diverse.
Un racconto lineare, con un inizio, uno sviluppo ed una fine. “Senza barare. Senza anticipare i tempi. Senza fare domande”.