Il viaggio è il percorso avventuroso che solca chilometri, scava nello spirito e frappone peripezie tra l’origine e la sospirata meta. Pensi al viaggio e pensi allo sventurato Odisseo. Pensi al viaggio e pensi al racconto del mercante veneziano de Il Milione. Pensi al viaggio e pensi allo studente Sal Paradise nella sua avventura con Dean Moriarty. Questo per citarne alcuni, perché in realtà pensi al viaggio ed è subito un profilarsi di un alto ed indeterminato numero di protagonisti della letteratura, al quale si aggiunge quello “a colori” di Hippie (La Nave di Teseo, 2018), l’ultimo romanzo, il più autobiografico, di Paulo Coelho.
“A colori” perché è un salto nel tempo, che ripropone uno spaccato di quella che fu la generazione hippie, quei giovani provenienti dai quattro angoli della terra che riuscivano ad ottenere un bene inestimabile dal nome “passaporto” e che s’incontravano lungo i cosiddetti “sentieri hippie”. Le pagine di Coelho, però, ancora una volta non si limitano a raccontare un’avventura.
Come d’abitudine nello stile dello scrittore brasiliano, il romanzo sin da subito si trasforma in una sfida di punti interrogativi e riflessioni tanto per i protagonisti quanto, se non di più, per i lettori stessi. Così anche Hippie, come tante altre opere della stessa mano, sembra scrivere una pagina di quel socratico conosci te stesso in destinazione del quale sembrano espandersi i testi dell’autore. Questa volte la chiave è il mondo intorno ed è a portata di mano sin dalla copertina:
“Se vuoi imparare a conoscere te stesso, inizia a esplorare il mondo intorno a te”.
Non tragga in inganno l’idea dell’esplorazione al di fuori di sé, perché in Hippie il viaggio attraverso un nuovo sentiero, si rivela il viaggio, così come nella medesima filosofia di chi lo affrontava, per provare e, probabilmente, approvare se stessi: i propri limiti, il proprio potenziale e le proprie intense e reali aspirazione. I protagonisti, quasi tutti presentati con nomi reali, come rivela lo scrittore nelle pagine conclusive dedicate anche ai ringraziamenti, affrontano più di
“un itinerario che conduceva dall’Olanda, da Amsterdam, fino in Nepal, a Kathmandu. Il biglietto del pullman costava meno di cento dollari e consentiva di percorrere paesi molto interessanti: Turchia, Iraq, Iran, Afghanistan, Pakistan e alcune aree dell’India (debitamente lontane dal tempio di Maharishi). Il viaggio durava tre settimane e affrontava un numero considerevole di chilometri”.
Nel disagio di sgabelli di legno non reclinabili sull’autobus, disavventure legate alla disapprovazione del loro stile di vita e luoghi incantanti, nasce una nuova consapevolezza in Paulo e Karla. L’incontro di queste due anime riassume, come sempre, un momento quasi “magico”, una prova di apertura, compassione e comprensione che consente, a chi è disposto all’incontro con l’altro, di aprire nuove porte della conoscenza esteriore ed interiore. Paulo e Karla, lo si ben comprende, si aspettavano per essere, forse, il balsamo reciproco delle loro ferite. Disposti a seguitare ascoltando l’istinto, che chissà che non possa essere interpretata con la voce dell’Anima, intraprendono il viaggio, destinazione Nepal, insieme. Si scelgono, insomma, sapendo che entrambi hanno bisogno di “partire” di protendere ad “un Nepal” che fosse in realtà la propria dimensione, come d’altro canto anche gli altri partecipanti al viaggio, come Jacques, Marie, o addirittura gli stessi autisti del Magic Bus.
Si potrebbe entrare, ora, nel dettaglio, anticiparvi come si evolve principalmente il viaggio di Karla, Paulo, così come quello degli altri, ma perché impedire così a chi voglia leggerlo di compiere un viaggio che prima di tutto gli apparterrebbe? Come poi d’altronde, per mia profonda convinzione, accade con ogni libro aperto, a partire dalla stessa copertina. Basti sapere che Hippie è, innanzitutto, un viaggio d’Amore in una considerazione diffusa e armoniosa, che sfugge ad una definizione, ad un confine, e finanche ad un rapporto convenzionale.