Dal titolo Gli italiani, l’Europa e la crisi (G. Giappichelli Editore, Torino 2018) è immediata l’intuizione che si tratti di un testo diverso dal tipico romanzo; ed in effetti si tratta di un saggio ad opera di Fabio Serricchio, Ph.D in Scienza Politica presso l’Università di Siena, nonché insegnante di Scienza Politica nelle Università la Sapienza di Roma e del Molise. Le direttrice della dissertazione sono chiare: al centro orbitano il popolo italiano, l’Europa di cui il Paese è parte e la crisi economica “straordinaria per intensità e durata” che ha creato condizioni e contesti con i quali misurarsi. In questo testo si ritrovano, quindi, tra le righe anche quelle dinamiche per le quali la parola “crisi” è diventata la risposta a molti interrogativi degli ultimi tempi, anche nelle domande della semplice quotidianità, ma chiaramente va molto oltre.
Serricchio, ponendo la crisi come una sorta di spartiacque, analizza nel testo il rapporto tra gli italiani e l’Europa, raccontandoli dall’alba del processo di integrazione ed evidenziando le variabile del passaggio che hanno condotto dall’ entusiasmo allo scetticismo all’eurofobia. Il tutto in maniera propedeutica all’interrogativo apicale, ovvero qual è il rapporto tra gli italiani e l’Europa oggi, cosa significa per gli italiani essere europei e quale futuro immaginare, data l’analisi delle premesse, per questo legame.
Rispondere a queste domande rimanda ad una serie di teorie di varia natura che Serricchio presenta ne Gli italiani, l’Europa e la crisi, soprattutto volte a dei tentativi di spiegazione delle cosiddette determinanti di quello che definisce l’ europeismo degli italiani. Così si fanno largo il calcolo razionale, i denominati fattori soft, vale a dire le identità e le risorse personali, nonché le motivazioni politiche.
A questo quadro non manca una disamina dell’andamento delle elezioni europee in Italia del 2009 e del 2014, mettendo al centro, in particolare, lo snocciolamento del dato dell’astensionismo. Un tutto che alla fine porta l’autore ad interrogarsi:
“[…] Cosa ci prospetta il futuro? Difficile dirlo. Quasi impossibile. Il sospetto, però, è che molto dipenderà, probabilmente, da due fattori: uno interno, e riguarda l’Autorevolezza che le istituzioni italiana sapranno mostrare nel dialogo con l’Europa, l’altra riguarda l’Europa stessa. Se, passata la crisi, questa saprà trovare le energie per un rilancio del progetto di integrazione che possa portare a compimento l’unificazione anche politica, è plausibile che il sogno Europeo torni di moda, forse anche in Italia. Seppur gli ultimi sviluppi (le elezioni italiane, non solo) non lascino spazi a troppi ottimismi, la partita non sembra ancora essere del tutto chiusa, Qualche risposta arriverà, probabilmente, già il prossimo anno con le elezioni europee”.
Un tema di profonda attualità, insomma, quello affrontato nel suo testo da Fabio Serricchio, che richiede, a mio avviso, di non trascurare un elemento storico che è bene rievocare: a firmare “Per un’Europa libera e unita, progetto di un manifesto” furono, nel 1941, gli italiani Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, confinati sull’isola di Ventotene (Lt).