Questa lettura è un’occasione colta pre-pandemia. Della diffusione del coronavirus già si parlava, ma ancora non ci sembrava l’unico grande problema. Ero nel negozio di un centro commerciale, quando alla cassa mi hanno regalato #CuoriConnessi, storie di vita on-line e di cyberbullismo (Nuova Cantelli Editore, 2020), scritto dal giornalista e storyteller Luca Pagliari, su progetto educativo della Polizia di Stato e Unieuro contro il dilagante fenomeno del cyberbullismo e di tutte le varie forme di prevaricazione in rete.
Tutti si chiederanno perchè parlerò di questo libro proprio ora; ora che tutti, a causa di questa “quarantena”, stanno riscoprendo i classici della letteratura o i memorabili mostri sacri della stessa che, a causa di una vita troppo accelerata – direbbe qualcuno – finora erano stati trascurati. Innanzitutto – risponderei – che è sempre un buon momento per proporre una lettura interessante, dipoi – aggiungerei – che è proprio nei momenti di forte criticità che non bisogna perdere di vista i cosiddetti problemi di sempre.
Inoltre c’è un altro aspetto – in seno alla scelta – che mi appare ancora più rilevante: proprio questa “quarantena” ha condotto la gran parte delle persone a ricorre proprio al web, al mondo d’internet in generale e dei social nello specifico, per non perdere i contatti con l’esterno, con amici e parenti. E non solo. Il web è diventato una vetrina importante di tanti momenti della giornate di ognuno: filmati più o meno lunghi, post più o meno dettagliati, immagini più o meno intime e personali, per descrivere la capacità di tutti di ripensare tempi e spazi alla luce del #restiamoacasa.
Il web, però – com’è noto – nasconde insidie, ed è bene non abbassare la guardia. Le storie proposte da questo libro – di cui si percepisce tutta la forza dell’autenticità e dell’emozione – sono legate ai fenomeni negativi più diffusi, che normalmente conosciamo come cyberbullismo, ma in realtà poi si affacciano a tutte le prevaricazioni, prepotenze che in tutti gli spazi e, dunque, ovviamente anche quello web si compiono ad opera di varie persone: dai superficiali che ignorano la delicatezza dello strumento ai mascalzoni che pur conoscendola la usano come malintenzionati.
Una zona grigia che merita sempre attenzione, anzi, probabilmente oggi più che mai.
In questo periodo in cui scorrere la bacheca dei social riempie gran parte del tempo di molti, che condividere video, foto, frasi e conversazioni via internet è uno dei passatempi per eccellenza, forse non bisogna dimenticare questo lato buio della questione; soprattutto perchè – diciamocelo – di dispositivi che consentono l’accesso ad internet ne stanno disponendo anche i più piccoli e – non che ci sia niente di male – ma è bene che gli occhi degli adulti vigilino senza tregua.
Per questo ho “divorato” le storie scritte da Pagliaro dei dieci protagonisti del libro, cioè Enrico, Sofia, Cristian, Andrew, Santiago, Flavia, Ana, Alessandra, Issabel e Alessia. Ho apprezzato la ricostruzione dei fatti, ho riconosciuto il loro dolore, ho apprezzato il loro coraggio, nonché la loro forza di metabolizzare gli accadimenti raccontandoli, trasformandoli nel dono di un monito.
Così come sono apprezzabili – in appendice del testo – le ricostruzioni dei profili tipici della vittima di cyberbullismo e quella del cyberbullo: specchi in cui guardarsi ed eventualmente riconoscersi per chiedere – in ogni caso – aiuto.
“Non so perché abbia deciso di raccontarvi la mia storia, ma prima che ci ripensi è meglio che lo faccia subito. Non ho voglia di rituffarmi dentro quel mare di fango, però le mie parole potranno aiutare qualcuno ad evitare ciò che ho passato. Questa è l’unica motivazione che mi porta a scrivere. La psicologa ha detto che «buttare fuori» è importantissimo, motivo in più per tirarvi in mezzo a questa vicenda che non ha nulla di giusto. Certe cose nascono sbagliate dall’inizio, ma io non potevo saperlo, perché a sedici anni, quando è cominciato tutto, avevo una visione diversa del genere umano. A sedici anni ti fidi degli altri e soprattutto ti senti in grado di affrontare qualsiasi cosa. Tutte cazzate, siamo molto più fragili e condizionabili di quanto immaginiamo. Tutti, nessuno escluso. Anzi, sapete che vi dico? Proprio quelli che si sentono invulnerabili, ed io appartenevo a quella categoria, rischiano di più, perché pensano che avere dei dubbi sia da sfigati, così come ascoltare qualche consiglio”.
Siamo isolati, ma non soli. Non trascuriamo in questi giorni di quarantena di ricordare qual è la vita reale e di non confonderla troppo con quella virtuale; ricordiamo di fare attenzione a ciò che condividiamo: torneranno giorni migliori e non dovranno essere quelli del rimpianto!