La più tradizionale delle storie d’amore vorrebbe coinvolte due persone, ma la più antica vuole per protagonisti l’uomo e il mare. Questo racconto ancestrale lo raccoglie Carmina Trillino nel suo romanzo Il mare bianco: solo una donna avvolta di salsedine poteva raccogliere il “bisso” dal fondale delle parole e donare, anche a chi le onde del blu non le ha mai scoperte, l’intreccio dell’amore con il mare e l’emozione che riemerge in chi si lascia sbattere da loro.
Lorenzo Stellato, come la più magica notte d’agosto, non ha un’origine e gliela presta il mare. E’ una barca che gli consegna un padre, una famiglia, una storia. Si immerge così in una vita che torna e ritorna in riva alla spiaggia: nei momenti d’affetto più intensi, nei momenti in cui cerca se stesso, nei momenti in cui guarda al futuro e allo sciabordio abbondana le lacrime di un passato ignoto: per una direzione è pur necessario un esordio, un “mare bianco” da cui provenire e verso il quale viaggiare.
Ma cos’è questo mare bianco è impossibile da spiegare. Il mare bianco è dentro gli occhi di chi guarda, di chi si porta dentro la sua forza, la sua irruenza, la sua energia e, al contempo, la sua magia, i suoi segreti, la sua profondità. Il mare bianco è quel momento di pace col mondo, quella quiete che zittisce le belve del passato e fa suonare i sorrisi di un giorno migliore, di una nuova speranza. Il mare bianco è un segnale di riconoscimento che ti consente di dire «avanti!» a chi si affaccia alla tua vita, anche quando il tempo di delude, gli uomini ti amareggiano e sullo sfondo armeggia la guerra.
Così il mare bianco diventa anche la pace di abbracciare un ideale e parteggiare con un fazzoletto rosso appeso al collo, come a Lorenzo insegna suo padre. Perchè è chiaro che il mare bianco di Carmina Trillino cambi e conservi le sue donne e i suoi uomini, “insegni” come fa un padre ed una madre: il mare bianco indica.
Poche volte mi è capitato di pensare ad un libro, parlarne e ripetere tante volte il suo titolo. La verità è che in queste due parole c’è tutta l’anima del libro, della storia d’amore che racconta, che rimane legata al mare anche quando a Lorenzo si unisce la sua bellissima Maristella; che rimane legata al mare anche quando nasce la loro Simona. Quando via via dalla storia del professore di lettere Stellato si spengono tutte le luci di riferimento: i genitori, i nonni, la moglie, perchè lui il mare ce l’ha dentro.
Potrei raccontarvi altri e tanti dettagli delle pagine di questo libro, ma scelgo di non farlo, nella speranza che siate voi ad accettare la sfida di andare un po’ in apnea nel vostro cuore, sospenderne qualche battito e scoprire dov’è, ma soprattutto qual è il vostro mare bianco, perchè a Carmina Trillino, va il merito indiscutibile di aver dato il nome ad un sentimento, che ti fa dire “sei il mio a-mare, sei il mio mare. Sei il mare”.
“Uscii e mi diressi verso la spiaggia: mi spogliai, entrai come mio solito nell’acqua lentamente, bagnando la pelle centrimentro dopo centrimento.
Il mare si arrampicava lungo il mio corpo, ne percepivo il suo soffio lento e regolare: un richiamo suadente.
Non era freddo, non era caldo, intorno c’era il profumo di mirto e lavanda.
Aprii i palmi delle mani, accarezzai l’acqua.
Ripetevo la frase come un mantra: “la forza che ti dà l’amore”.
I piedi smarrirono il contatto con la sabbia.
Entrai nel mare bianco”.