Ci sono due polarità di espressività nello scrivere. Una è la narrazione continua e articolata, comune al nostro vivere. L’altra meno frequente è la poesia, che è prossima al respiro. Ambedue versano copiosamente emozioni e spiegazioni, torpori ed entusiasmi, illuminano e nascondono. Sono vento e pietra, mare e terra. Però sono diverse. La prima è sotto l’egida del “capire”. La seconda è sull’ala sublime del “comprendere” e ci emozione differentemente. […]Raramente le due narrazioni si compenetrano – una di queste, la più arcaica, come andremo ad intendere – è quella che riguarda “i racconti dei matti fatti da loro stessi”.
Queste parole sono parte della premessa alla lettura del testo Storie di quotidiana follia ((Gangemi editore international, 2020) nato dalle mani e della professionalità di Edvige Gioia e Ettore Alessandro Guido Pasculli. Quelle che si alternano tra le pagine sono le storie di sei protagonisti – Guido, Anna, Marco, Enzo, Diego e Antonia – che conquistano il centro della loro vita condividendo la loro storia personale e, soprattutto, il momento in cui la loro esistenza ha cominciato ad avvitarsi su stessa, annebbiando le loro menti, spezzando i fili di una narrazione che finalmente sembra ripartire proprio delineando il passato.
Infondo cos’è la follia? Verrebbe da chiederselo prescindendo dal ruolo di “spartiacque”tra un prima e dopo che non risiede solo nel racconto del momento di “black out”, ma in esso stesso. Così procedendo in direzione inversa rispetto ad un dilagante “riduzionismo”, come evidenziano gli autori del lavoro/testo, questo libro parte dalle storie di alcuni pazienti per costruire “non solo pensieri, ma anche progetti di cura”.
Le ferite aperte di abusi subiti, la violenza esplosiva dell’incapacità di accettazione, le sostanze psicotrope per riempire quei vuoti che divorano l’interiorità, o ancora la volontà di vivere di espedienti, al di fuori delle righe, per strada tra altri che non si interrogano su se stessi e gli altri come non si ha più voglia di fare dal momento che non si trovano spiegazioni. Sono queste tutte tracce di una storia che subisce continui contraccolpi che hanno radici profonde che vanno ripescate per essere risanate sul serio. Sembra di sentire echeggiare quella tesi per cui curare il sintomo non può essere sufficiente se non si riconosce la causa e non si rivolge ad essa la massima attenzione e la prioritaria cura.
Vale per l’uomo. Vale per la vita. Vale, a maggior ragione, per chi conosce il dono dell’empatia conservato nel potere delle parole che sostengono la “conversazione”, intesa come capacità di “camminare insieme”, che prevedono la comunicazione, vale a dire la “condivisione”. La narrazione, non lo si dirà mai abbastanza, ha sicuramente insito un aspetto intimistico, ma allo stesso tempo custodisce una natura collettiva, per cui a chi proferisce corrisponde chi ascolta.
“Storie di Quotidiana Follia” nasce, dunque, in un’epoca dove antiche paure riaffiorano e i due autori, usando la forza euristica delle storie di chi soffre, indicano non solo la necessità dell’incontro più autentico con l’altro, ma l’una – Edvige Gioia – propone la “sacra conversazione con la follia”, l’altro – Ettore A. G. Pasculli – ci accompagna dinamicamente nel mondo della patologia mentale, con “commenti che svolgono la stessa funzione del coro greco consentendo di scoprire i significati celati sotto al racconto dei pazienti. Un incontro umano ove la follia è una sonata a sei mani”.