Il secondo libro di Giulio Chinappi “Storia delle religioni in Vietnam” (Amazon Fullfillment, 2019) non è solo la seconda prova letteraria del giovane autore, né esclusivamente il racconto della ricerca nella cultura religiosa del Paese – così come ben indica già il titolo. A ben guardare, il testo è la testimonianza di una storia di accoglienza: quella di un giovane italiano – l’autore – trasferitosi ormai da qualche anno in Vietnam dove si è inserito svolgendo la professione di insegnante e dove vive luoghi, persone e tradizioni al punto di essere in grado di farne un racconto preciso e compiuto,
Se con la prima prova “Educazione e socializzazione dei bambini in Vietnam”, ci ha portato per mano nel mondo dell’infanzia e della scuola vitnamita, con la seconda prova letteraria il viaggio è nelle fedi che trovano spazio e culto nel Paese. Il plurale è d’obbligo: il Paese è abitato da cinquantaquattro diversi gruppi etnici ed è caratterizzato da una vastità culturale di credenze religiose, dalle più grandi e popolari alle più piccole, fino ad arrivare ad un moltiplicarsi di sette e gruppi spirituali.
Questo perchè – come spiega Chinappi – le religioni asiatiche rappresentano più spesso un modo di pensare o uno stile di vita rispetto alle credenze religiose nate nel bacino del Mar Mediterraneo. Dunque, accanto alle tre grandi religioni, ovvero Taoismo – Confucianesimo e Buddhismo, ma anche la religione Cristiana, principalmente cattolica, con delle piccole comunità protestanti, ci sono anche una piccola rappresentanza musulmana ed altri credi non legati a contaminazioni culturali, ma – potremmo dire – autoctoni.
Si tratta del Caodaismo – l’unica direttamente nata sul territorio nazionale vietnamita e più precisamente nella regione del Nam Bô, il sud est del Vietnam – che riunisce alcuni precetti del Buddhismo, del Confucianesimo, del Taoismo ed ancora elementi del Cristianesimo e di vari culti ancestrali locali.
Inoltre c’è ancora il Buddhismo Hòa Hao, un vero e proprio Buddhismo vietnamita, ed anche il Brahmanesimo, tipico dell’etnia Chăm. Per finire, quanto meno di riportare e, così, lasciarvi immaginare i molteplici volti culturali di questo Paese, vanno ancora ricordati i cosiddetti gruppi religiosi minoritari – per via del numero di aderenti – che vanno dall’ Associazione degli oblati del Buddhismo (Terra Pura) a il Raro profumo della montagna dei tesori, ed ancora Le quattro gratitudini della pietà e della fedeltà, Le cinque branche della religione Minh ed altri ancora.
In un costante percorso di ricostruzione rispetto allo sviluppo e alla diffusione di tutte queste confessioni religiose e – per le meno note – la ricostruzione della consistenza valoriale del culto stesso, Chinappi scatta una nuova affascinante fotografia del Vietnam, mettendo in evidenza la contingenza storica e la necessità politica.
Politiche antireligiose fino al 1992, quando è stato introdotto l’articolo 70 della Costituzione, che garantisce la libertà di religione o di non credenza ha fatto sì che per molto tempo la gran parte del popolo vietnamita si dicesse non credente; in vero altro fattore fondamentale è l’intreccio a cui già facevamo cenno – ripercorrendo l’opera – relativo all’intreccio tra religione e politica sostenuto dal Buddhismo vietnamita, che assunse allora anche dei connotati sociopolitici, sostenendo la lotta per la liberazione dai colonizzatori al fianco dei comunisti, ruolo che manterrà anche nei decenni successivi, fino al raggiungimento della liberazione e della riunificazione del Paese.
Insomma, che il Vietnam lo si voglia considerare – come spesse volte ribattezzato – Museo delle religioni o Grande foresta delle credenze, l’opera di Giulio Chinappi è una bella bussola per orientarsi.