Il Premio Nobel per la Letteratura 1998 Josè Saramago con Il vangelo secondo Gesù Cristo ha rivelato al mondo (e liberato) Gesù, primogenito di Giuseppe e della giovanissima Maria, icona del pensiero e dell’atteggiamento della dimensione umana, catturando l’essenza di una miscellanea di carne, intelletto e spirito e restituendola in una narrazione dal carattere verosimilmente autobiografico. Saramago trova un giro di chiave geniale nella toppa del Vangelo, che altro non è considerabile che un’antica versione della moderna biografia, lasciando che Gesù parli di Gesù.
Quella che compie Saramago è una giustizia letteraria, biografica, volendo anche religiosa: dopo Marco, Matteo, Luca (tutti ispirati da una fonte ricostruita, la Fonte Q) e Giovanni tra i canonici, ed ancora Tommaso, gli Ebrei, gli Egiziani ed altri tra gli apocrifi, la bilancia poteva essere riequilibrata solo se sull’ago fosse stato messo Cristo e l’autore portoghese ce lo mette. Un uomo vissuto senza la consuetudine della scrittura, almeno fino alle prime lettere, in particolare quelle del fedele Paolo di Tarso, che finalmente può rifuggire dall’intrappolamento nelle numerose versioni che coesistono sul conto della sua vita.
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