Smetto di rincorrervi. Taglio con l’affanno.
Non l’ho mai realmente fatto ed ora il mio credo ha bisogno di esplodere.
In questo “spazio altro” non ci sarà posto per il vizio capitale del brutto, né per i click come assillo inconciliabile con chi odia la sterilità ontologica delle lamentele e della morbosità. La memoria digitale, prediligendo il “bello”, spero possa essere un po’ meno vacua nel suo essere messa a repentaglio dal “diritto all’oblio” ed il copia e incolla dei comunicati stampa dominati dalla firma di chi non ne ha partorito neanche una sillaba – ahimè, un po’ inquietante – non troverà neanche una sponda.
Smettete di correre. Tagliate con l’affanno.
Il moto di rotazione e di rivoluzione proseguiranno incessantemente, anche oltre di noi.
In questo “spazio altro” fermatevi a far pace con voi stessi, con il “bello” che abita dentro e fuori ogni essere vivente; a rimodellare la fecondità ontologica dell’entusiasmo e dei rapporti. La memoria umana torni a prediligere le belle sensazioni – pur non esulando dalle pessime – e le conservi attraverso gesti, odori, sguardi, continui rimandi ai cassetti della mente. Pensatevi unici, non contrari bensì al di fuori dell’omologazione: siate imperfetti originali, piuttosto che belle copie.
Qui – lettori – ossigenerà il “bello”.
Non nell’esclusivo senso estetico, difficile com’è concepire la bellezza nella sua purezza, al di là della soggettività della piacevolezza e della verosimiglianza. Piuttosto nella sua “ricerca”, tra le sfide umane più ataviche e tra le esigenze più costanti e primitive, che discosti l’uomo dalla barbarie.
Qui – lettori – respirerà il “giornalismo”.
Non più vostro schiavo, né succube dei tempi, ma pronto a tornare al vostro passo attraverso l’arte di servire la cultura, la sensibilità e la formazione, senza rinunciare o – peggio ancora – rinnegare il progresso dei mezzi, degli strumenti e della partecipazione. “Modus in rebus”.
Questo “qui” – lettori – prende vita dal tempo, diventato anni di cronache e ceri accesi esclusivamente al destino esprimendo l’unica devozione possibile: quella alla ragione e libertà, spinte da una Lettera22 come feticcio, donata da chi avrebbe avuto tutti i presupposti – non le ragioni – di soffiare sulla fiammella dell’aspirazione ed invece mi ha stretto il dono simbolico della necessità di rimanere “lungimiranti visionari” – come chi ideò questa macchina da scrivere- anche davanti alla sopraffazione del tempo e dei tempi.
Taccuini, penne, registratori, macchine fotografiche, microfoni, videocamere, computer, nessuna derisione, né offesa ad alcun collega pur eccependo – a domanda, senza ignavia – qualche critica di stile; nessun arrivismo lavorato ai fianchi, né allontanamento di qualcuno per non soccombergli; nessun tentativo di scrivere senza comunicare, né per compiacere, certo sì – invece – per il puro gusto del piacere. Mai lambita la mera deriva dell’ambizione – il galleggiamento – né ceduto agli umori del momento; mai idolatrato il guadagno e all’entusiasmo di progetti convincenti, a prescindere, il dono dell’energia più vera.
In questo scorrere come da natura, qualcuno – una volta – mi ha chiesto: «ma tu da grande che vuoi fare?». Ero percepita come fuori luogo con questo mio modo di fare e la liceità della domanda mi ha turbata. La “perplessità” di quell’adulto si è fatta spazio anche nel mio essere adulta, interrogandomi insistentemente fino a capire che quel punto di domanda non aveva – semplicemente – alcun motivo d’essere; la domanda alla quale ero impegnata a rispondere era un’altra e le precedeva tutte: «ma tu da grande chi vuoi essere?».
Ci sto lavorando, come sempre farò. Non sono arrivata da nessuna parte – oltre che “qui” – e non mi sembra necessariamente un male.
Per questo è proprio “qui” che vi racconterò anche di me, perchè per non perdere il senso di sé non bisogna mai smettere di raccontarsi allo specchio di una pagina, al cospetto di una penna (o tastiera!).
Cominciamo: sono Antonia De Francesco, giornalista, conduttrice Tv, autrice dei romanzi “Nelle pagine di Sofia” e “L’Animologo”, social media manager, lettrice, critica giornalistica e…
Antonia De Francesco, il manifesto di NarrAnto